SUL RING DELLA PERIFERIA DI PESCARA, L'INCONTRO FRA DUE CULTURE.

martedì 26 novembre 2013

Re-Cycle San Donato | "La Palestra" nelle aule della Facoltà di Architettura di Pescara

All'interno del Convegno RE-CYCLE ITALY, tenutosi 9-10 ottobre 2013 nella Facoltà di Architettura di Pescara, la Prof.ssa Susanna Ferrini presenta il programma del suo laboratorio di progettazione architettonica "Re-Cycle San Donato" e invita Francesco Calandra a condividere la propria chiave di lettura del quartiere nella tavola rotonda con architetti, urbanisti, pianificatori, sociologi e studenti.

Nel vasto scenario in cui il riuso è ritenuto possibile e auspicabile sull'intero territorio nazionale, questo Lab3 2013/2014 individua le potenzialità che il tema sarebbe in grado di sviluppare nei quartieri Ater di Pescara.




PRE-FIGURARE TEMPORALITA’
nuovi cicli di vita per nuove comunità urbane nei quartieri Ater di Pescara
Susanna Ferrini

[...] Il tema dell’abitare collettivo appare, quindi, come il luogo privilegiato e drammaticamente necessario in cui sperimentare un lavoro sull’esistente, che preveda processi di risignificazione degli spazi collettivi e dello spazio pubblico, di rigenerazione funzionale degli edifici, di rinaturalizzazione domestica del ‘vuoto’, oggetto negli ultimi decenni di una cementificazione indiscriminata. Proprio il tema del riciclo e dei nuovi cicli di vita sembra legarsi in maniera prepotente al campo dell’abitare sociale, in Italia rappresentato nella gran parte da quartieri obsoleti e fatiscenti da un punto della consistenza fisica e tecnica, ma anche immobilizzati da decenni di abbandono e pervasi da un dichiarato disagio sociale. Un fenomeno ancora più evidente se si pensa che quest’involuzione ha come punto di partenza la grandiosa visione dell’abitare collettivo impressa in Italia dal Piano INA Casa. Come nel resto d’Italia, i quartieri ATER di Pescara, costruiti in un arco temporale che si snoda dal 1938 (a partire dagli 11 alloggi per pescatori a Borgo Marina sud) fino agli anni Ottanta, sono stati oggetto in questi ultimi anni soltanto di sporadici interventi di recupero e di adeguamento funzionale.
L’opacità di questi quartieri nei confronti della gestione della città e delle politiche urbane ha comportato nel tempo una sorta di implosione all’interno della città; molti quartieri sono stati inglobati in un’edificazione successiva, spesso ‘insensibile’ alle logiche insediative che li avevano generati, quasi sempre enclaves, che solo sporadicamente hanno stabilito un tessuto di relazioni, visuali, urbane e sociali con la città che si è costruita al suo intorno. I contorni di queste ‘nature morte’ sono evidenti proprio nella misurazione di una ‘distanza’ dal resto della città, nell’incompletezza dei fronti urbani e dello spazio pubblico. Ma è proprio questa ‘mancanza’, il luogo in cui innestare strategie progettuali in grado di riscrivere nuove relazioni di qualità con il tessuto della città e affrontare la rigenerazione secondo i concetti di trasformazione, iperfunzionalizzazione e riciclo.
I quartieri selezionati si situano in arco temporale vasto, dal dopoguerra agli anni ’70, localizzati dall’area centrale della marina e della prima fascia infrastrutturale alle zone più periferiche, secondo uno schema a macchia di leopardo sovrapposto alla trama della città, dettato dalle sole logiche localizzative della minore rendita fondiaria. Li accomunano una stessa monofunzionalità, legata alla ripetizione di tipologie standardizzate con una totale assenza di progettualità nei confronti dello spazio pubblico.
Lo spazio tra le "case", così come gli stessi edifici sono diventati in questi decenni il terreno della trasformazione, frutto di un processo di lenta e violenta riappropriazione degli spazi collettivi da parte degli abitanti.
Intervenire in questi quartieri significa ‘prefigurare’ un nuovo codice genetico per le comunità urbane, prevedendo una molteplicità di funzioni e di significati legati alle nuove modalità dell’abitare che riescano a riconnettere i quartieri ‘arcipelago’ in una trama urbana di qualità. Lavorare sull’esistente, su un palinsesto che va riscritto, riciclato secondo il tema della variabilità e flessibilità funzionale e d’uso, sull’idea di una ‘crescita’ della socialità, del senso di una vita condivisa dal quartiere che porti all’identità di nuove comunità urbane autosufficienti e sostenibili.
L’approccio strategico al tema del riciclo presenta un carattere fortemente sperimentale nel campo della progettazione architettonica in relazione alla necessità di una nuova e più inclusiva sostenibilità dei quartieri, in cui prevalga la mixité funzionale, tipologica e l’integrazione sociale. [...] 


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